Breve storia dell’accordo capestro sui diritti TV
Della ripartizione dei diritti TV in Italia e dell’aberrazione presente rispetto a come ad esempio gli introiti sono ripartiti in Premier League, si è già discusso in un articolo dedicato. Dallo scenario attuale è immediato chiedersi se i presidenti delle società di Serie A siano realmente convinti che la ripartizione attuale sia equa e se hanno mai fatto qualcosa per cambiare lo scenario. Ovviamente, a meno di non considerare 14 dei 20 presidenti degli emeriti idioti, è palese che ci sia un accordo nascosto in termini di favori erogati dalle squadre principali verso le squadre secondarie in termini di prestiti di giocatori (e speriamo, null’altro).
Nelle altre nazioni europee è suonato da tempo l’allarme. In Inghilterra e Germania vigono regole già eque, la Francia sta studiando una ripartizione migliore mentre in Spagna nel Maggio 2015 è stato emanato un decreto legge con l’obiettivo di limare il gap tra le prime della classe e il resto delle squadre, dopo che l’associazione di tifosi spagnola FASFE ha presentato denuncia alla UE per la mancanza di equità nella ripartizione dei diritti TV. Lo scenario europeo al 2015 è rappresentato nel grafico che segue:
E’ palese che la situazione italiana sia la più compromessa dopo quella spagnola, ma al contrario della Spagna, nessun decreto legge verrà a salvarci: i politici non sono evidentemente interessati alla corretta spartizione di una torta da 839 milioni di euro (1.000 il prossimo anno). Ovvero saranno interessati alla torta e alla spartizione, ma non alla correttezza.
Il criterio attuale di spartizione, figlio di una affrettata legge Melandri del 2008 sulla contrattazione collettiva dei diritti televisivi, si basa su tre criteri: in parti uguali (40%), per numero di tifosi e bacino di utenza (30%) e per i risultati sportivi attuali e storici (30%). Una porzione dei diritti viene inoltre erogata alla serie B, come paracadute per le squadre che retrocedono.
Detta così, la ripartizione sembra equa, ma è nei dettagli dei numeri che si nasconde il diavolo.
Le proporzioni e i coefficienti sono stati scelti ad arte per creare questo obrobrio di divisione, ma l’opera d’arte dei club maggiori è stata creata nella suddivisione dei diritti in funzione del numero di tifosi e sopratutto nel modo scelto per contarli. Nell’indagine condotta da una agenzia indipendente, si chiede al tifoso quali sono le tre squadre per cui ha preferenza e visto e considerato la qualità meschina del cittadino medio italiano, non fa meraviglia che nel 25% degli italiani si nasconda, insieme al genuino tifo per la squadra della propria città, anche quello per una squadra vincente a tutti i costi (come la squadra bianconera). Allo stesso modo in cui lo stesso cittadino alla sana condanna alla corruzione e agli sprechi affianca il mandato al commercialista per eludere ed evadere le tasse. Meschinità che vale per i bianconeri ben 50 milioni di euro annui.
Ma si sa che l’orco non ha mai limiti alla sua fame. Dopo la legge Melandri e la divisione 40%-30%-30%, già nel 2013 Andrea Agnelli tentò il colpo gobbo (…) con la complicità di Moratti, Fiorentina, Sampdoria, Sassuolo e Verona per cercare di riscrivere le regole ancora più a suo favore, schierata contro Milan, Lazio, Catania, Genoa e Livorno. Non c’è che dire, due gruppi di gentiluomini a guardare i proprietari dei club. Solo il Chievo e l’Udinese si schierarono per una variazione della divisione per una ripartizione più equa, ma la loro voce non venne nemmeno presa in considerazione. Cairo e De Laurentiis allora non si schierarono.
Il colpo gobbo comunque non riuscì nonostante la lotta si protrasse per mesi, ma la lotta tra giganti fece incuneare tra le parti un prodotto ancora più terribile: la società Infront, mediatrice dei diritti televisivi di mezza serie A (Cairo non ha ceduto) e personaggio principale nello scandalo per l’asta dei diritti 2015-18.
L’ultimo accordo, datato 26 Febbraio 2016, ha visto l’approvazione di 18 squadre su 20 (astenuti Chievo – la più penalizzata – e Palermo) e una sessione di accordi che ha visto coalizzati i grandi club (Gobbi, Milan, Inter, Napoli, Roma e Fiorentina) contro il resto della serie A. Do’ per certo che a nessuno dei 20 presidenti sia venuto in mente il concetto di ripartizione equa e che ognuno abbia semplicemente pensato al proprio orticello. In questa data il criterio in vigore per lo scorso anno è stato ulteriormente sbilanciato a favore delle squadre che si classificano meglio in classifica (incrementando la porzione per le classificate al di sopra del 10imo posto).
E’ in fase di studio da parte del governo italiano una riforma della ripartizione dopo le sanzioni a Mediaset, Sky, Infront e Lega Calcio per l’asta 2015-18. Si prevede di cambiare completamente la ripartizione ma c’è da scommettere che i gobbi si ribelleranno minacciando ritorsioni, magari quelle di andarsene dall’Italia. Ma magari ce cascano…
Appendice
Per curiosità ho rifatto i calcoli per la proposta di legge della modifica di ripartizione. I risultati sono così drammaticamente squilibrati a favore delle romane che è impossibile credere che questa proposta passi. I grafici sono riportati qui di seguito.
Riferimenti
Repubblica.it – Lega Serie A, trovato l’accordo sui diritti tv
InfoAzionariatoPopolareCalcio – Ripartizione diritti TV – Modelli
Roberto Bayon – Reparto de los derechos TV en las 5 grandes ligas 2014/15
InfoAzionariatoPopolareCalcio – FASFE presenterà una denuncia alle autorità UE contro la ripartizione dei diritti TV della Liga
Corriere Comunicazioni – alcio in Tv, tutto da rifare. Legge Melandri verso la riforma
Linkiesta – I diritti TV spiegano il declino del nostro calcio – 18-09-2013
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