Torino FC: la rabbia immotivata di chi raccoglie tempesta
Fa un certo effetto vedere con quanta rabbia l’allenatore del Toro urla il suo “bastardi” rivolto chiaramente a coloro che hanno fischiato la squadra (i tifosi genoani erano in tutt’altra direzione). Non che io sia d’accordo con i fischi, tutt’altro, per me la squadra per la quale si tifa va sostenuta comunque, semmai le eventuali proteste verso la società bisogna farle nella sede giusta, nel momento giusto (ma farle…), anche allo stadio, ma non per lo scarso rendimento del momento. Però non è la prima volta che dalla società si elevano proteste verso la scarsa maturità dei tifosi, verso lo scarso seguito, verso la distinzione che – secondo il parere dei tesserati – i tifosi dovrebbero fare tra la vita calcistica e quella professionale del singolo giocatore.
Queste proteste da parte della società farebbero sorridere se non fosse per il fatto che vengono elevate da persone che fanno parte dell’ambiente calcistico da decenni e ancora non hanno capito come funzionano le cose. Posso capire il proprietario del Torino FC, Urbano Cairo, per il quale i tifosi e i bilanci della società sono semplicemente due voci su un foglio di carta, mentre il Toro è soltanto una cifra a tanti zeri e fortunatamente quest’anno non più colorati di rosso.
Da un professionista capace come l’allenatore Ventura, indiscutibile nella sua capacità di rivalutare un organico di giocatori e portarlo da una potenziale bassa classifica ai confini dell’Europa League, un discorso del genere non è accettabile e ne chiarisce lo spessore umano che lo ha sempre limitato, almeno fino ad ora, a non poter diventare un allenatore per una squadra di altissimo livello. Sia chiaro, non si punta il dito verso il singolo episodio – una sciocchezza che può essere motivata dall’emotività del momento – ma contro l’atteggiamento professionale di chi si sente semplicemente di fare un lavoro in cui la sede, i colori, i tifosi non hanno tutta questa rilevanza, come se la passione non fosse un capitale fondamentale.
In una squadra di alto livello infatti, tutti i fattori sono determinanti e il pubblico, con il suo trasporto, la sua passione e la sua carica sono elementi fondamentali per poter raggiungere la vittoria in un gioco come il calcio, enormemente condizionato dal fattore psicologico dei suoi interpreti. Ventura dovrebbe tener conto anche di questo e al posto di chiedersi perché qualcuno ha fischiato la sua squadra dovrebbe chiedersi, insieme alla società, perché tutti coloro che gli stavano intorno non hanno reagito contro coloro che invece di incoraggiare hanno fischiato.
Il calcio visto dai tifosi, quelli veri che incoraggiano fino alla morte, è fatto di passione irrazionale, attaccamento morboso alla squadra, alla maglia, ai colori e persino ai giocatori. Seminando disaffezione, distacco, professionismo e commercializzazione non puoi che ottenere che i tifosi più veri nel tempo lascino il posto ad una masnada di soggetti che nella curva come in tribuna praticano l’abitudine della critica estrema, della valutazione dello spettacolo offerto in rapporto all’investimento effettuato, al rapporto del valore del giocatore in rosa rispetto alle capacità della proprietà, alla valutazione centesimale della professionalità dello stesso allenatore.
Ritorni la società a seminare bene, a tenere in considerazione maggiormente i tifosi e i loro sentimenti nelle dichiarazioni sia dei giocatori che dell’allenatore e negli atteggiamenti della società. Parlando attraverso il portafoglio, si otterranno risposte solo dalla pancia. Chi vuole fare appello al cuore, deve usare solo il cuore.
(4849)