Filadelfia e Italia: parallelo azzardato ma non troppo
Difficile accostare due entità molto differenti come un campo di calcio e una nazione intera, ma hanno molti punti in comune. Si tratta in tutti e due i casi di uno spazio verde, pieno di sogni, di speranze e di valori da tramandare per le future generazioni, visto che queste che ci vivono attualmente il futuro se lo sono già giocato, purtroppo non benissimo.
Sterpaglie, distruzione, promesse non mantenute, ritardi che si accumulano di giorno in giorno. Questi spazi sono stati devastati dall’incuria di coloro che ci rappresentano, incuria di cui noi dobbiamo sentire forte la responsabilità in quanto abbiamo scelto di mandarli a governarci e a prendersi cura delle cose nostre. E poco importa che spesso non sia stato il nostro voto o astensione a mandarli lì, spesso pensiamo che il nostro dovere di cittadini finisca lì, dopo aver messo il voto, lasciando ai politici la possibilità di devastare il territorio e spremere come un limone le sue risorse fino al prossimo appuntamento con il voto, quando improvvisamente torneranno le promesse, la disponibilità, le intenzioni di fare, i sorrisi suadenti, le strade che miracolosamente verranno asfaltate, le facciate delle scuole rifatte, i prati tagliati e curati.
Così, all’indomani di ogni voto, i politici come Fassino scompaiono, i delegati smettono di essere disponibili al telefono, i presidenti delle fondazioni centellinano il loro tempo perché hanno “appuntamenti istituzionali”. In queste condizioni, in cui mettere d’accordo gli impegni e la scarsa disponibilità di tanti soggetti istituzionali significa riuscire a produrre un massimo di un’incontro di un’ora in un mese, non ci si può aspettare che il risultato possa essere diverso da quello che è sotto gli occhi di tutti.
Erano anche sotto gli occhi di Tony Gianmarinaro, calciatore delle giovanili del Toro che giocò nella squadra che venne mandata in campo subito dopo la sciagura di Superga, in visita al Fila prima di recarsi al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata per la mostra “Ricordare e Ricominciare – la rinascita del Torino dopo Superga” (link). Uno scenario surreale, da devastazione post conflitto, la cui tragicità è tradita solamente dall’esistenza di palazzi intatti nei dintorni. Muri che continuano a cadere, l’erbaccia a crescere, gli spazi continuano ad essere chiusi insieme ai sogni e le speranze di chi vorrebbe rivedere questo luogo tornare ad essere culla delle future generazioni di calciatori e di uomini.
Il parallelo con l’Italia, a questo punto, è fin troppo facile. Una nazione il cui oro è nella bellezza dei suoi luoghi, delle sue montagne, dei suoi mari, dei suoi sapori, del suo clima magnifico, l’ingegnosità e il gusto estetico delle sue genti. Nazione devastata da politici troppo impegnati a discutere delle sorti di un solo uomo per accorgersi che il paese affonda e svende le sue risorse agli stranieri. Una nazione che non solo non riesce a dare lavoro e da mangiare ai propri cittadini, ma si trova a piangere le sorti disgraziate di chi perde la vita per raggiungere le sue coste non per approdarvi, ma per usarla come tappa di passaggio per nazioni più organizzate e capaci di fornire un futuro.
Pensiamo signori, pensiamo a chi daremo il nostro voto la prossima volta, cerchiamo persone disponibili e nelle elezioni amministrative se possibile, facciamoci dare il loro numero di telefono per chiedere conto nel momento in cui perderanno il loro tempo a cavillare piuttosto che a fare. Il futuro non aspetta, i ragazzi crescono e non capiranno, passando davanti al Fila o davanti il paese che annega, come abbiamo potuto permettere questo scempio.
Foto dalla pagina Facebook di Piero Bersia (link) e dalla pagina del Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata
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